Pillole

  • Leopoldo Gullotta, detto Leo, è nato a Catania il 9 gennaio 1946. Segno zodiacale Capricorno. Papà Carmelo («un uomo di poche parole, che mi ha insegnato a capire cosa sia la dignità») era pasticciere. Mamma Santina, scomparsa nel gennaio 1996 a 85 anni, era casalinga ed impegnata a badare ai sei figli. Oltre a Leo c'erano infatti Tina, Graziella, Mariù, Giovanni e Tino. Questi ultimi si sono trasferiti per lavoro, rispettivamente, a Trieste e a Zurigo. I Gullotta vivevano al "Fortino": «Un vivace quartiere popolare, che si animava già alle quattro del mattino quando si alzavano gli operai».

  • Colleziona papere. Il pezzo più caro, regalo di Gabriella Ferri, è un cavallino di legno che dondola un paperotto. Adora fare foto e viaggiare. Ha la casa piena di souvenir, che non mette in mostra (vedi concetto sui quadri). Ci tiene però ad avere sempre a portata di mano gli oggetti cari (di tutto un po', dalle curiosità scovate in giro per il mondo ai chiodi arrugginiti portafortuna) che conserva in bella vista sotto il vetro di un tavolino del salotto. Odia gli spigoli. Persino il televisore l'ha scelto curiosamente tondo. Fedele alla passione per il disegno, Gullotta ha realizzato il bozzetto di un campo di girasoli, che vivacizza le ante di un armadio a muro, e dei visi di bimbi, che spuntano dall'affresco sul soffitto del tinello detto "stanza della nonna".

  • Non ha la patente. Fuma, apprezza la buona tavola, si proclama golosissimo di dolci. Non gli dispiace mangiare spesso fuori, ma alle sue condizioni: in posti particolari dove sentirsi coccolati quasi come a casa propria. Da anni il suo preferito è un ristorante a Porta Portese, con suggestiva terrazza sul Tevere

  • E' alto 1 e 69 e non controlla il peso. Si piace. E' affezionato anche alla cicatrice, appena visibile sulla guancia destra. Ce l'ha da 48 anni da quando, pupo, è inciampato in un'aiuola circondata dal filo spinato. Ama vestirsi con tute, con maglioni extra-large oppure con giacche "gurate", cioè senza colletto.

  • Abita a Roma, a San Giovanni, in una casa (per anni ha vissuto alla Pensione Felner di via Panisperna) ricca d'atmosfera («è soltanto la casa di Leo») di cui ha curato l'arredamento. Tutta sui toni del verde chiaro e del grigio perla, parquet, luci soffuse, porte scorrevoli, infissi color legno. Qualche mobile d'epoca gli ricorda quelli dell'infanzia. Particolari d'effetto: il lungo corridoio con la vetrata liberty, il bagno che è un trionfo di piastrelle azzurre, la cucina dove spiccano frigorifero blu e pensili rossi. Le pareti sono vuote, perché non gli piace esibire quadri.

  • Non si è risparmiato. Il Gullotta-curriculum è fittissimo: teatro (solo dopo l'esordio ha recitato in circa 100 lavori), cinema (20 anni con registi doc da Loy a Tornatore, che l'ha voluto in "Nuovo cinema Paradiso" premio Oscar, fino al recente "II carniere" di Zaccaro sulla guerra in Jugoslavia), radio, doppiaggio. E tivvù. Dal debutto nel 1976 in Black out al lungo sodalizio insieme al gruppo del Bagaglino. Da Biberon a Rose rosse. Lì è nata la "signora Leonida", una delle mille facce del Gullotta trasformista, che passa più di altri senza problemi dal comico al drammatico. A giorni "prete" su Raidue nel film di Sanchez La madre inutile, Leo (Commendatore della Repubblica dal 1989) ha ricevuto tutti i riconoscimenti

  • Studente-attore. A 14 anni Leo (che ha poi continuato per anni il "doppio lavoro" scuola-teatro), con una parte in "Morti senza tomba" di Jean Paul Sartre, debutta sul palcoscenico. Proprio con il Cut di Catania, dove era approdato solo per curiosità. In sala c'era però Mario Giusti, direttore dello Stabile di Catania («a lui, straordinaria persona, devo tutta la mia carriera»), che applaude e lo scrittura per il ruolo di tenentino in "Questa sera si recita a soggetto" di Luigi Pirandello. E' fatta, Leo capisce cosa vuole veramente fare da grande. Con la benedizione di papà Carmelo, che lo incoraggia: «Decidi tu. Non c'è niente di più brutto che ritrovarsi a 50 anni con un mestiere sbagliato». Ed il ragazzino Gullotta si ritrova, da un giorno all'altro, collega di interpreti del calibro di Turi Ferro, Salvo Randone, Ave Ninchi.

  • Leo Gullotta si è diplomato al Liceo artistico ed avrebbe potuto insegnare storia dell'arte e disegno dal vero. Ma qualche anno prima aveva scoperto il cinema. Un colpo di fulmine per Ava Gardner ed Orson Welles gli faceva perciò passare molti pomeriggi sulle poltroncine di legno, a sorseggiare acqua di seltz e a mangiare i panini preparati da mamma Santina. Senza contare che, fin dall'ultimo anno delle medie, si era iscritto al Centro universitario teatrale.

  • Tranquillo, ubbidiente, bravo a scuola, per niente capriccioso. Leo era una pasta di bambino che, come i coetanei, si accontentava dei caratteristici giochi di strada, tipo la lippa ed il nascondino. «I soldi erano pochi e ci dovevamo arrangiare con massicce dosi di curiosità e fantasia. Che meraviglia quei pomeriggi trascorsi a giocare per ore al teatrino con Ciccio, Rosetta e Graziella, figli del tabaccaio. Ma ancora nessuna velleità artistica. Avrei voluto diventare insegnante». E, alle medie, si aggiudicava bei voti scambiando temi di italiano («la mia materia preferita») con i compiti dell'odiata matematica.

  • Severissimo con se stesso. Disponibilissimo con gli altri. Si definisce discreto, generoso (molti possono testimoniare la sua presenza gratuita, e senza telecamere, a show di beneficenza), curioso, fanciullesco, pronto a battersi per chi è in difficoltà. I suoi difetti? Essere "troppo" in tutti gli aspetti appena elencati. Sincero nell'affermare le sue scelte affettive. Da tanti anni vive un amore sereno («i sentimenti giusti regalano equilibrio e sicurezza») con una persona che risponde alle sue aspettative di sorriso, di complicità e di gioco. Il motto di Leo? «Imparare a giocare di più con la vita. E se cadi ti rialzi, ti aggiusti e dopo un attimo ricominci con un bel sorriso».