La Repubblica

Biberon e politici al pubblico bambino

A parer mio

di Beniamino Placido
 
SICCOME vivo a Roma, non amo «Il Bagaglino». Non credo di esserci mai andato, quando "Il Bagaglino" era semplicemente un cabaret che teneva e suoi spettacoli al Salone Margherita. Adesso "Il Bagaglino" manda il suo spettacolo del Martedì sera anche in televisione (Rai Uno, ore 22,10). Sicché mi capita di guardarlo.
Lo guardo, questo spettacolo di satira-politica cabarettistica che si chiama "Biberon" e confermo la mia diffidenza. Che non si riferisce agli attori-autori, allo spettacolo che fanno, al modo in cui lo fanno. Si riferisce proprio a Roma: capitale d'Italia e (quando capita) del Mondo.

GLI ATTORI DI "BIBERON" che sono Pippo Franco, Leo Gullotta, Oreste Lionello e Pamela Prati fanno un varietà tradizionale (il buon vecchio varietà tradizionale) su testi di Castellacci e Pingitore. Sono bravi, gli attori di "Biberon". Non c'è dubbio che sono bravi. A loro si aggiunge Gabriella Ferri: brava, sincera, spiritosa: che canta le due sigle, di apertura e di chiusura.

COME IN OGNI VARIETA' che si rispetti, le battute a volte funzionano, a volte no. Funzionano quando Pippo Franco, capo indiscusso della "Famiglia Sgorbiolini" osserva a chi gli dice che Marta Marzotto da ragazza faceva la mondina: "Ma pensa te, una vita spesa pe' passa' da una vocale all'altra". Non funzionano quando la signora Sgorbiolini, aspirante snob, dice al marito: «non posso passare la vita a colmare le tue lagune». E quello di rimando: "Si, le lagune, e ché semo a Venezia?".
Funzionano invece quasi sempre le imitazioni dei politici Craxi, De Mita, Andreotti alle quali il pubblico, televisivo e no, si è affezionato. Pareva si dovesse aggiungere, l'altra sera, anche una imitazione di Occhetto. Ma il Segretario del Pci, a lungo e invano atteso da Craxi, da De Mita, da Andreotti: tutti nascosti nel separé, come in una classica "pochade" non è arrivato. Sarà per un'altra imitazione, per un'altra volta?

QUESTA VOLTA C'ERA PERO', in carne ed ossa, Aldo Biscardi: il ben noto conduttore del "Processo del lunedì". Che è sembrato, persino spiritoso: quando si è preso in giro per la sua mania di presentare sempre "illustri ospiti" e quando ha detto: ieri sera ho fatto "Il Processo del lunedì" stasera facciamo qui il processo del martedì, domani sera su un'altra Rete il processo del mercoledì e così un pò alla volta occupiamo tutte le Reti.

SEMBRAVA SPIRITOSO, ma non lo era del tutto. Perché la sera prima aveva presentato (Rai Tre) un colossale processo del lunedì; per discutere (era la settecentoventunesima volta) con ospiti illustrissimi della violenza negli stadi. E la sera dopo (cioè ieri sera) avrebbe pilotato un'altra trasmissione di commenti e interviste (sempre Rai Tre) dedicata dice il "Radiocorriere" «all'analisi del gioco messo in mostra dalla Nazionale Azzurra ell'amichevole contro la Norvegia».
Quindi l'invasione di Biscardi è già cominciata. Ma deve svolgersi sempre e soltanto sulla Terza Rete, che una volta era la Rete culturale? Capisco le preoccupazioni del direttore, Angelo Guglielmi: la cultura è noiosa. Ma è sicuro che non possa essere noioso, qualche volta, anche lo sport: con l'analisi del gioco messo in mostra dalla Nazionale azzurra in una amichevole contro la Norvegia?
Va detto infine, e sempre a credito degli attori di “Biberon", che essi le loro battute le snocciolano in presenza di un pubblico vero: di cui devono guadagnarsi l'applauso sul campo. Non in presenza del solito pubblico-precotto, predigerito degli Studi televisivi dove l'applauso debitamente refrigerato viene tirato fuori al momento opportuno.

MA E' QUESTO PUBBLICO di buona borghesia romana di per sè rispettabile, anzi rispettabilissimo, come ogni pubblico che mi mette in imbarazzo. E più mi imbarazza il suo rapporto con la politica, con i politici. Che intervengono anche loro, a "Biberon".
Arrivano a due per volta, alla fine dello spettacolo (l'altra sera erano Formigoni e

Nicolini), salgono sul palcoscenico del Salone Margherita e dicono o tentano di dire delle spiritosaggini.
Mi immagino che il nostro rapporto con i politici debba essere fiducioso ed esigente. Fiducioso: li abbiamo eletti noi, dopo tutto; quindi sono come noi, nel bene nel male. Esigente: però li abbiamo scelti, eletti, perciò ci aspettiamo che si comportino a meglio delle loro possibilità. Meglio di noi, comunque. Non è poi tanto difficile.

L'ATTEGGIAMENTO che definisco invece approssimativamente (e rispettosamente) "romano" è sospettoso e indulgente insieme. Sospetta i politici, specie i parlamentari, di tutto. Di tutto, li ritiene capaci. Però poi si intenerisce, intimidito questo pubblico romano di “Biberon" quando li vede da vicino, e li giustifica in tutto. L'incontro settimanale fra i politici e il pubblico di "Biberon" finisce sempre a tarallucci e vino.

IN ALTRE CITTA' D'ITALIA non so. Ma a Roma può capitare di salire su un taxi e di dover sopportare - educatamente - la consueta geremiade politico-parlamentare del taxista. "Questi politici, che sono tutti uguali. Questi parlamentari che sono sempre gli stessi. Quell'Andreotti, per esempio, che sta li da quarant'anni. Allora uno chiede al taxista: ma lei, scusi per chi vota? E quello risponde: «Ma pe' Andreotti, dottò; pe' forza, no?".
Il taxista è giustificato, perché fa una vitaccia. Ma il cittadino benestante che va a teatro e si comporta in questo modo, si rivela un bambino. Un rispettabile bambino. Bisognoso del biberon.

Beniamino Placido