Gazzetta del mezzogiorno

La parabola acre del signor Popkin

Leo Gullotta al Teatroteam - Oggi replica pomeridiana dello spettacolo

di Pasquale Bellini

BARI - Forse non ci azzec­ca molto l'italianissimo ap­plauso «di sortita» (quello che saluta il prim'attore quando compare in scena) con l’humus e la tecnica iperrealistici da «post-modern style» ameri­cano con cui è meticolosa­mente costruita una comme­dia come «II signor Popkin» di Murray Schisgal. Ma a Leo Gullotta, cui l'applauso era tributato dal pubblico di Tea­troteam dove il lavoro ha esordito, non sfugge per me­stiere e bravura di comico, che è principalmente l'umanissimo coinvolgimento del pubblico rispetto all'interpre­te beniamino (tra inevitabili memorie televisive) a fare il successo di un'operazione.
Così la parabola acre e tut­ta newiorchese di Schisgal, questo «Signor Popkin» proto­tipo dell'americano borghese piccolo piccolo, messo in crisi e in competizione da una so­cietà anni '80, dai miti e mode di Juppismo e femminismo, dalla crisi della coppia e del maschio con relativi sconfina­menti gay, diventa senza dub­bio, grazie a Gullotta, esem­plare capolavoro di stili e sa­pori teatrali contaminati, di gustosi innesti fra le consu­mate lepidezze dell'antico ita­lico varietà e i rigorosi rical­chi di un nevrotico «actor's studio». Diciamo subito che la commedia ci ha guadagnato, che Gullotta con la sua ma­schera sorniona e furbamente intelligente rende tutto credi­bile (specie per gusto e pub­blico italiani) l'esilarante e serratissima vicenda di Pop­kin.

Il mediocrissimo uomo in­fatti, impiegato e marito falli­to (perde nello stesso giorno il suo lavoro in casa editrice e la moglie, in fuga con un'al­tra donna), viene proiettato dall'ansia della mediocrità verso l'ansia del successo. Ri­troverà successo, potere e de­naro (infine anche la moglie), ma non prima di una sorta di paradossale e grottesca «di­scesa agli inferi»: accetterà per alcuni mesi di convivere (in tutti i sensi) nella cella di un detenuto, un energumeno che ha uno sfruttabile talento letterario, ambitissimo nel mercato editoriale. Ne vien fuori un altro individuo, scal­tro, insinuante, carismatico, speculatore: un vincente fi­nalmente, ambiguo quel tanto che occorre nella società delle trasformazioni morali, ses­suali, epocali.
alle 17 e alle 17.10.
Testo da «situation comedy» con personaggi (oltre Popkin, sua moglie con l'ami­chetta, l'editore, il detenuto-scrittore, un drop-out bene­stante ed ecologo) fortemente connotati da comica schizofrenia espressa in gestualità frenetica, tic, gags verbali e motorie veloci e senza respi­ro; fluido e ironico il dialogo, punteggiato da corto-circuiti umoristici alla Woody Allen, ma molto esteriori. L'autore (Schisgal è noto in Italia per la commedia «Luv» e per la sceneggiatura di «Tootsie» con Dustin Hoffmann) tritura e restituisce luoghi comuni sull'universo malato della «grande mela», dal post-femminismo al rampantismo del Sogno Americano, sullo sfon­do di una società letteraria prigioniera

del mercato (la trovata della «creative school» in carcere!).
Con la regia scorrevole e servizievole di Patrik Rossi Gastaldi, sulla scena e nei co­stumi ironicamente realistici di Gianfranco Padovani, il la­voro degli attori è tutto smal­tato e vivace di esteriori effet­tismi, come in una «stripe» coloratissima; Monica Codena (la moglie di Popkin), Agnese Ricchi (l'amica gay). Armando Bandini (l'editore), Anto­nio Cascio (detenuto-scritto­re), Fabio Grossi (l'ecologi­sta). Leo Gullotta, bravissimo e irresistibile, reinventa e modella comicamente il per­sonaggio focalizzando nella sua presenza i meriti e il sen­so dell'impresa. Il divertente spettacolo (della scuderia costanziana del Teatro Parioli) è stato molto apprezzato e ap­plaudito dal pubblico che gre­miva Teatroteam.
Replica straordinaria oggi alle 18. Posto unico L. 15mila (anziani e studenti 7mila). Doppio servizio di bus-navetta dalla Camera di Commercio

Pasquale Bellini