Corriere della Sera

IL PROCESSO TORTORA E' NEL NOME DI KAFKA di Tullio Kezich

L'utilità di ricordare e meditare

Il primo capitolo dell'odissea di Enzo Tortora lo scrisse Kafka nel 1914 ("Qualcuno doveva aver calunniato Josef K...") con 69 anni di anticipo su quella notte del 16 giugno 1983 in cui a Roma i carabinieri si presentaro al Plaza per arrestare il presentatore accusato di "associazione a delinquere di stampo camorristico".

Nel suo film il regista Maurizio Zaccaro ci risparmia la scena del brusco risveglio, scartata come troppo ovvia; e forse uno dei difetti di "Un uomo per bene" è quello di tendere ad una struttura a incastri ispirata ai grandi modelli di Francesco Rosi, mentre l'assurdo del caso sarebbe emerso meglio dall'esposizione notarile alla Stendhal del libro "Cara Italia ti scrivo" elaborato da Guido Quaranta.

Ma i limiti del film sono largamente sopravanzati dalla sua utilità sociale, che

si riallaccia appunto ad una grande tradizione del nostro cinema.

Infatti la pellicola ha provocato ricostruzioni storiche (notevole quella di Lino Jannuzzi su "Il Foglio"), prese di posizione, baruffe in Tv. A suo tempo la stampa, con rare eccezioni (quella luminosissima di Enzo Biagi in testa a tutti), non brillò per correttezza: un grande quotidiano pubblicò la famigerata vignetta in cui si vedeva il Pappagallo di "Portobello" in manette, altri si accanivano a riportare senza accertamenti le calunnie accusatorie. Il film ripercorre le tappe dell'appello, concluso nell'86 con l'assoluzione poi confermata dalla Cassazione.

Tortora, ingiustamente condannato a oltre dieci anni in primo grado, ce la fece a morire innocente, ma trova ancora in giro chi a sentirne il nome si concede una smorfia dubitativa.

Tutt'altro che inutile, il film non voleva certo allargare il quadro all'intera vicenda (la parte politica viene esclusa) ma lo spettatore ne esce con alcune acquisizioni: 1) La cattiveria oscura, ostinata, folle del pentito impersonato da Leo Gullotta come il Male in assoluto. 2) La fragilità dell'imputato - vittima nell'incarnazione ispirata di Michele Placido. 3) La professionalità appassionata degli avvocati e fredda dei giudici, inquadrati senza pregiudizi e affidati a interpreti ben scelti. Come fare a nominarli tutti?

Tullio Kezich