Corriere della Sera

Da un «Biberon»... tanta saggezza popolare

Controvideo

di Alberto Bevilacqua
 
Succede che, per ragioni indipendenti dalla nostra volontà a volte non riusciamo a commentare a caldo programmi o sortite televisive che, nel male o nel bene, godono di particolari attenzioni. Per esempio, non abbiamo avuto modo di dichiarare - dopo la proiezione di domenica, 22 novembre - che il Veneziano, ossia il Casanova interpretato da Richard Chanberlain e presentato con grancassa da Canale 5, era quanto di peggio s'è visto in tv da parecchio tempo in qua.
Piatto, privo di un disegno narrativo che in qualche modo ci ricordasse la derivazione da un testo scritto, totalmente devitalizzato, il Veneziano resterà nella storia dei teleprodotti per la sua generosa capacità assassina. Le sue vittime sono state parecchie. Anzitutto, le Memorie casanoviane che, nonostante una certa superficialità, restano un suggestivo affresco di vita settecentesca, colta nei suoi aspetti più coloriti e vistosi.

Si sono sperperati miliardi per «uccidere», ossia per cancellare proditoriamente l'inesauribile galleria di scene che il Veneziano ci evocò: luoghi di piacere e di gioco, teatri, alberghi, palazzi nobiliari. Il tutto sembrava girato sul lago di Bracciano, dove si rifugiano le produzioni poverissime. Fatto fuori, con le ossa rotta, l'ex Dottor Kildare e l'idolatrato Padre Ralph di Uccelli di rovo.
Ironia della sorte, Richard Chamberlain è scivolato sulla classica buccia di banana, agli occhi delle donne, proprio calandosi nei panni dei più celebre dei conquistatori. Ma credo si sia trattato di una vendetta di Casanova stesso. Dilaga da un pezzo la diceria che al Dottor Kildare le femmine non piacciano troppo (niente di male, succedeva anche a Rodolfo Valentino), per cui era logico che, prima o poi, i nodi venissero al pettine. Messe al rogo, addirittura, le coprotagoniste, da Ornella Muti a Faye Dunaway, da Silvia Kristel ad Anna Schygulla.

Ma lasciamo perdere il bruttissimo Veneziano e veniamo ad un programma che, spuntato in sordina su Raiuno (va di mercoledì), ha registrato, alla prima puntata ben quattro milioni di telespettatori. L'ultima sorpresa televisiva s'intitola "Biberon". Viene trasmesso in diretta dal romano Salone Margherita, sede del Bagaglino. I testi sono di Castellazzi e Pingitore che, per la regia dello stesso Pingitore, hanno messo a frutto il meglio della smagata esperienza.
Biberon ha successo perché, con una piccola ma avveduta saggezza popolare, nella sua parte migliore registra i modi - altrettanto piccoli quanto essenziali - con cui si esprimono i nuclei delle famiglie medie italiane: modi di dire, di commentare i fatti ed i misfatti nazionali, le disavventure governative e politiche in genere, eccetera. insomma, il borbottio del Paese.

Anche quella di Biberon è una famiglia, con tanto di cognome, Sgorbiolini, e di componenti. In primo luogo la mamma, personaggio favorito in quanto interpretato da Leo Gullotta, un attore che non finisce di stupire per versatilità e bravura. Leonida (è il nome, maschio e femmina, della mamma, vera aquila bicipite) che appare in classico prodotto mass-mediale, ma imprevedibile, titolare di mondi suoi e segre, tale da far cadere il mito statico della casalinga.

Interprete di rango, anche Oreste Lionello che, per misura viperina, fa il nonno. Questi sembra chiuso nelle sue nostalgiche memorie ed invece, all'occasione, morde la realtà più dei giovani nipoti: un ragazzo ed una ragazza, classiche confezioni televisive, appassionati di «ragazze pon-pon». S'insinua, nel gruppo, il marito emblema della piattezza esistenziale, che ha le fattezze ciranesche di Pippo Franco. L'attore raggiunge i suoi risultati, di verve e baldanza sgangherata, quando controlla i suoi assalti alla baionetta; insomma, quando si uniforma, con astuzia, allo stile di Gullotta e Lionello.

La «famiglia Sgorbiolini», che apre le sue avventure con la sigla cantata da Gabriella Ferri, abita un appartamento sormontato dall'abitazione di Lui (Pierluigi Zerbinato, il sosia di Craxi). Il Lui entra in scena con fatalità burlesca e ieri sera, seconda puntata, ha indotto Gullotta e Lionello a due azzeccate caricature: rispettivamente di De Mita e di Andreotti. Due definizioni, benevolmente memorabili.
La prima, del Gullotta-De Mita: «Cos'è la crisi?». «La crisi, in Italia, è come un'avventura galante. Ti capita quando meno te l'aspetti». La seconda, del Lionello-Andreotti: «Cos'è una spia?». «La spia, in Italia, è come la vipera in natura. Serve a mantenere l'equilibrio».
Se Pingitore, che sta attraversando un felice momento (anche nell'evidenziare la prorompente femminilità del complesso, dalla Prati alla Montemagno, alla Labate alla Capobianco e via via), saprà evitare gli inutili luoghi comuni di una volgarità spicciola, a volte inevitabile nell'improvvisazione di certi suoi attori, Biberon continuerà a filare verso porti graditi al pubblico e con spunti d'intelligente satira.
E' raro che si adoperi, a tal fine, un complesso d'autori ed attori collaudato da anni di «sottobraccio». Adesso l'augurio è che si possa finalmente cambiare la faccia di un varietà televisivo che ci appare, in troppe trasmissioni, ormai piena di rughe.

Alberto Bevilacqua